Con la sveglia suonata ben prima delle sette, una giornata completa di lavoro alle spalle e quasi settecento km di guida sul groppone, il temporale a sud di Bari non ci voleva proprio.
La strada è deserta.
La Luna, ancora quasi piena, deve essere da qualche parte sopra le nuvole.
Di fiocamente brillanti, solo i catarifrangenti della SS96.
Sono stanco ma non ho sonno, tuttavia mi sembra prudente rallentare un bel po'.
Questa settimana a Matera... Ci penso.
Penso a cosa fare, ma, soprattutto, a cosa non fare.
Ad esempio, non fare quello che sto facendo adesso: stare seduto in casa al computer.
E' un lampo di luce, ma mi accorgo subito che non è un lampo.
Ho passato il pomeriggio ascoltando Gianni Rodari: le favole al telefono e la torta in cielo.
Per un istante mi sento letteralmente in una delle sue favole.
La luce proviene da un treno, un treno che sembra un treno vero, come quelli che osservo transitare al passaggio a livello su a Bologna.
La luce che proviene dai finestrini è abbagliante, bianca.
Passa come niente fosse attraverso la pioggia che cade battente e mi lascia a bocca aperta.
Il treno è visibilmente vuoto, unico spazio oscuro è la cabina del macchinista.
Guardo le file di poltroncine solitarie, forse verdi, senza ospiti.
Un treno nuovo, luminoso, grande, cosa ci fa qui?
Che forse sono passato in un universo di fiaba come quelle di Rodari e sto tornando in una Matera differente, Città Differente per caso?
Una Città in cui arrivano treni veri, comodi, con posti a sedere per tutti?
O, forse, nel mio mondo si è materializzato un treno fantasma figlio di tante speranze di gente sradicata che compare nelle feste comandate raggiungendo Casa nei modi più improbabili?
Un treno fantasma che riporta a Casa gli spiriti, se non i corpi, di chi ha rinunciato col corpo e nemmeno torna più per le Feste?
Quattro, cinque secondi, il treno mi corre accanto.
Poi, guardo il tachimetro: Sessanta all'ora.
E' solo la nuova littorina.
Scalo di marcia, accelero e mi lascio sogno, fiaba e trenino alle spalle.
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