A pagina 17 il mio piccolo intervento ...
17 dicembre 2019
4 novembre 2019
Dieci Minuti al Parco Giochi: gli scout al Pilastro
Per lo più si tratta di bimbetti sui 2-3 anni, ma non mancano bambini più grandi tra cui una bambina cinese i cui genitori lavorano in un negozio della zona.
Questa bambina ha un marcatissimo accento bolognese, di quelli che io non riuscirei ad acquisire nemmeno campassi cent'anni.
Ma questa è solo una curiosità da telegiornale.
Quello che mi ha veramente colpito è vedere quanto questa bambina sui dieci anni si prende cura dei bimbi più piccoli del parco giochi.
Li aiuta a salire le scalette dello scivolino, a salire sull'altalena, fa finta di rincorrerli e gioca con loro.
Ho già visto bambine del genere: le Coccinelle.
Poco più in là un gruppo di adolescenti sta chiacchierando su una panchina.
Almeno per metà sono magrebini ma gli altri sono italiani se ha senso fare una distinzione tra ragazzi che parlano la stessa lingua delle stesse cose.
Sono minacciosi?
No, ma sono una tribù e il peggio che gli si può imputare è usare un tono di voce troppo alto quando si rifugiano nella sala lettura della piccola biblioteca del Pilastro.
Il fatto è che questo quartiere sembra fatto apposta per ospitare un Gruppo Scout.
Per strada i ragazzini giocano ancora a pallone, vanno in giro in bici (purtroppo spesso sono mobike di dubbia provenienza), si rincorrono nei prati e sono sicuramente (nel senso matematico del termine) meno pericolosi dell'assoluta assenza di controlli sulle automobili che se ne catafottono di zona trenta e strisce pedonali e scuole varie.
Ci sono un gran numero di aree verdi, incluso il parco della Parrocchia.
Verde, ragazzi, una vera Frontiera in transizione tra il classico quartiere (immeritatamente) malfamato di periferia ed un nuovo luogo colmo di servizi, spazi di aggregazione e circondato da ipermercati, una Parrocchia, ed un Ambiente Multiculturale che più non si può.
Tempo fa, qui c'era già un gruppo Scout che, purtroppo, ha chiuso i battenti.
Quando ho incontrato il Parroco mi ha detto che il problema non era la solita banale carenza di capi ma di ragazzi: a quanto pare i genitori preferivano mandare i figli altrove e non nel gruppo locale solo ed esclusivamente per la cattiva fama del quartiere.
Non ho altre informazioni e la cosa mi sembra piuttosto plausibile, se non probabile: 'ste cose avevano un peso a Matera negli anni '80 figuriamoci in questo paradossale inizio del XXI secolo a Bologna.
Ogni nuovo progetto di scoutismo, da queste parti, dovrebbe ripartire da una seria analisi di quanto accaduto in passato.
Ma nemmeno l'analisi del presente è uno scherzo.
La popolazione residente è di circa 8mila abitanti di cui 1 migliaio abbondante sono immigrati: non ha senso pensare ad un gruppo scout che non includa anche i bambini e ragazzi immigrati.
A rigore (ehm, secondo il sito web del CNGEI di Bologna con notizie vecchie di un paio di anni) al Pilastro c'è, sulla carta, un gruppo CNGEI che potrebbe essere l'uovo di colombo per le necessità del quartiere.
Solo che, in oltre 3 anni e mezzo di residenza, io non li ho mai visti in giro (ma è anche vero che il sabato pomeriggio io ero fisso a Villanova).
So anche che si sta diffondendo, in Italia, un'associazione scout musulmana modellata sull'Agesci (ma sulle modalità di collaborazione con l'Agesci stessa c'è poca documentazione online) ma, a quanto pare, senza coeducazione e diarchia.
Che sono, per me, un qualcosa senza cui non saprei fare scoutismo.
Ed è bene puntualizzarlo subito: è possibilissimo accogliere ragazzi di altre fedi in un gruppo Agesci, ma quando i ragazzi di altre fedi sono ben più di 'qualcuno' in un singolo gruppo?
Io sono "troppo agesci" per considerare di passare ad altra associazione e non perchè sarebbe sbagliato ma perchè non credo di riuscire a fare il Capo in maniera differente da quella che ho interiorizzato in questi anni.
Poi c'è il problema degli spazi: la parrocchia ha un bel giardino recintato, non c'è da scialare, ma sarebbe sufficiente per le attività all'aperto in un ambiente protetto.
Già, perchè ovunque, non solo al Pilastro, c'è da considerare il problema della Sicurezza. Gli scout sono antipatici ed attirano i bulli come mosche sul miele.
In sostanza, penso mentre tento di distrarre Francesca dal piano dello scivolino a quello gastronomico (andiamo a fare la pappa?): un gruppo Scout qui servirebbe davvero tantissimo, ma non credo che le formule esistenti siano adeguate.
La bambina cinese ci saluta con la manina e io penso che starebbe davvero bene in uniforme da Coccinella.
12 ottobre 2019
Pit Stop
L'ultima volta che ho scritto un post come questo le cause erano un mucchio di problemi lavorativi, problemi che ho potuto risolvere solo emigrando.
Insomma, nel passato mi è già capitato di aver dovuto lasciare il Servizio perché le cose andavano male.
Questa volta, invece, lascio perché le cose vanno bene.
Dopo 5 anni consecutivi di Servizio in cui, contemporaneamente, ho organizzato un matrimonio a distanza, comprato casa ed accolto l'immenso dono della mia bambina, credo sia arrivato il momento di prendersi un periodo sabbatico.
In una situazione privilegiatissima in cui il mio declinante contributo al Servizio può essere rimpiazzato senza troppi problemi è anche igienico farsi da parte per lasciare spazio alle nuove leve.
Ho riletto il post di commiato di 9 anni fa e mi riempie di serenità rendermi conto di quanto le cose siano migliorate su tutti i fronti.
C'è poco da aggiungere e ancor meno da argomentare.
Ho consolato troppe Coccinelle in lacrime al momento di passare in reparto e troppi E/G spaventati dalla branca R/S per non capire che doveva arrivare, prima o poi, anche per me il 'tempo' del Passaggio.
Non so quando riuscirò a riprendere il mio Servizio, so solo che, quando questo succederà, dovrò essere nelle condizioni per farlo in serenità senza le limitazioni di quest'ultimo periodo.
Inoltre, proprio nelle ore in cui stavo maturando la decisione di sospendere per un po' il Servizio, mi è arrivata una proposta di un altro Servizio che non si può rifiutare.
Certo, molto meno impegnativa di quello diretto coi ragazzi, ma...
No Spoiler (per gli interessati: qualche settimana di pazienza...).
In ogni caso, prima o poi...
Bill Tornerà.
C'è poco da aggiungere e ancor meno da argomentare.
Ho consolato troppe Coccinelle in lacrime al momento di passare in reparto e troppi E/G spaventati dalla branca R/S per non capire che doveva arrivare, prima o poi, anche per me il 'tempo' del Passaggio.
Non so quando riuscirò a riprendere il mio Servizio, so solo che, quando questo succederà, dovrò essere nelle condizioni per farlo in serenità senza le limitazioni di quest'ultimo periodo.
Inoltre, proprio nelle ore in cui stavo maturando la decisione di sospendere per un po' il Servizio, mi è arrivata una proposta di un altro Servizio che non si può rifiutare.
Certo, molto meno impegnativa di quello diretto coi ragazzi, ma...
No Spoiler (per gli interessati: qualche settimana di pazienza...).
In ogni caso, prima o poi...
Bill Tornerà.
10 ottobre 2019
1 ottobre 2019
Riprendere Berlino: la Cina è indietro.
Sta facendo molta impressione la spettacolare parata militare che la Cina ha tenuto a Pechino per festeggiare i 70 anni della Repubblica Popolare.
Qui potete trovare un video della Parata.
E', indubbiamente, uno spettacolo notevole.
Le prefiche già si lamentano della Caduta dell'Occidente, una caduta, secondo loro, già avvenuta da tempo.
Non concordo nemmeno per un attimo.
La Parata è davvero un esercizio muscolare notevole, i progressi scientifici ed economici della Cina sono anche più evidenti come è altrettanto evidente che la Repubblica Popolare Cinese sia la Nuova Superpotenza mondiale che, in quanto a carri armati, aerei e navi, (oltre che PIL e controllo dell'economia globale) ha ormai surclassato gli Stati Uniti.
Ma una parata militare e grandi quantità di armi e mezzi proprio non mi impressionano.
Quando ero ragazzino l'URSS faceva (e la Russia le fa ancora) parate militari dello stesso calibro in un clima di ostilità nemmeno paragonabile all'attuale.
E anche allora oltre la cortina di ferro il numero di aerei, carri armati, uomini era soverchiante rispetto alle difese occidentali.
E si sa com'è andata a finire.
Con quei carri armati ad arrugginire.
La Cina non ha apparenti difficoltà economiche, ma l'impero scricchiola.
Ad Hong Kong gli uomini liberi pretendono di restare tali.
Nel Sinkiang c'è uno stato di Polizia nello stato di Polizia che è la Cina.
La Corea del Nord scoccia con le sue alzate di ingegno incontrollabili, Taiwan è una spina nel fianco e l'economia, causa offensiva commerciale USA; non cresce più ai soliti ritmi cento volte superiori a quelli italici.
Ma, in fondo, non è nemmeno questo il punto.
Il punto è una parola sola: Libertà.
La Cina sarà una potenza egemone ma, a lungo termine, la mancanza di Libertà la castrerà.
Non è una previsione difficile.
I sistemi totalitari sono meno efficienti di quelli democratici.
I Sistemi Totalitari, alla lunga, sono perdenti rispetto a quelli democratici.
Ecco, tra l'altro, perchè è fondamentale preservare le nostre Libertà Civili e Democratiche.
Perchè ci rendono più forti.
Il nostro problema, al solito, è dentro di noi, non nel nostro sistema nè nella Cina.
E a me piacerebbe davvero tanto rispondere alla Parata Cinese.
A Berlino.
La capitale di Satana riconquistata alla più prospera Civiltà.
Farei sfilare i medici, gli agenti di custodia, i poliziotti, gli insegnanti, le università, i giudici, i parlamentari, gli studenti, i giornalisti, gli scrittori, i sindacalisti, insomma tutti quelli che hanno contribuito a rendere in meno di due generazioni dalla fine del Terzo Reich l'Unione Europea il luogo più pacifico, prospero e non violento dell'intera storia umana conosciuta.
I Treni superveloci, le autostrade a mille corsie, i grattacieli luccicanti, le immense ricchezze, i takonauti e la sonda sulla Luna, le armate che sfilano sotto la bandiera rossa sono impressionanti.
Ma sono tutti cancelli di una Prigione.
PS:
se facessimo, comunque, sfilare anche il meglio della nostra tecnologia militare: i Leopard, i Typhoon, i Rafale, i Gripen, vecchi di lustri ma ancora migliori dei migliori cinesi, aggiungeremmo l'utile al dilettevole.
5 settembre 2019
Confessioni dopo la Marcia su Roma (e dintorni) di Emilio Lussu
Lessi la dolorosa, tragicamente ironica, cronaca dell'avvento del Fascismo scritta da Emilio Lussu alle scuole medie, subito dopo aver letto "Un anno sull'Altipiano".
Ho sempre amato Lussu e rileggo la sua opera più famosa sull'atrocità e la follia della guerra relativamente spesso.
Anzi, è probabile che la rileggerò tra poco.
Oggi, tuttavia, non voglio nemmeno davvero parlare di "Marcia su Roma e Dintorni" che ho deciso di rileggere per dovere civico.
Il Web è pieno di recensioni, riassunti, appelli alla lettura continua di questa splendida e desolante descrizione dell'Italia.
Un'Italia che è cambiata pochissimo in questi cent'anni nei suoi caratteri fondamentali.
Il cuore della narrazione non è nella descrizione della violenza fascista ma, all'inizio, nella descrizione della pochezza delle istituzioni democratiche e dei suoi rappresentanti.
E, in seguito, nel crollo, come un castello di carte, della resistenza morale della stragrande maggioranza degli italiani ostili al fascismo.
Antifascisti combattivi, capaci di affrontare gli agguati, la morte, il carcere, si trasformano in fascistissimi gerarchi di primo piano in una sola notte.
Come devastato da un cancro fulminante, il tessuto sociale italiano si corruppe letteralmente più velocemente di quanto i fascisti osassero sperare.
Superato il punto critico in cui le violenze di una piccola minoranza non sono state contrastate e debellate dallo Stato di Diritto, quest'ultimo si è dissolto perchè non più sostenuto.
E questa è semplicemente la lettura del testo che va per la maggiore.
Ma a me è venuta in mente un'altra considerazione, diciamo più personale.
Non credo che la Storia si ripeta, so che le circostanze storiche sono ripetibili: uno stato debole, un'opinione pubblica divisa e ancor più debole ed ecco la singolarità dell'involuzione che fa l'occhiolino lì a due passi.
Ecco, dicevo, io ho pensato che mi ci ritrovo molto in quegli avvocati, ufficiali, medici, disperatamente antifascisti, democratici, repubblicani, onesti e puntualmente gerarchi cinque minuti dopo essersi trovati soli di fronte alla prospettiva della catastrofe personale e familiare.
In altre parole, io non mi ci vedo a seguire le orme di Lussu, quelle del carcere, della resistenza armata, dell'esilio.
Ecco perchè, per me, le Istituzioni democratiche sono sacre.
Ecco perchè, per me, ogni minima devianza di Polizia, Carabinieri, Professori e Ministri è un grave attentato alla Libertà e alla Democrazia.
Perchè sono le Istituzioni che devono difendere la maggioranza pavida degli italiani (eccomi) dalla minoranza violenta, xenofoba, antiscientifica, affamata di menzogna, in una parola: la minoranza fascista che è endemica come lo era la malaria.
1 settembre 2019
27 agosto 2019
Gli ultimi soldati del Re
E come parlerò di questo triste romanzo che ho divorato in qualche pomeriggio d'Agosto?
Triste nella sua purezza fuori fase, triste nella coscienza della damnatio memoriae a cui questi ragazzini che fecero così tanto sono condannati senza appello.
L'autobiografia romanzata di due anni di guerra del 23 enne (nel 1945) sottotenente Eugenio Corti ci trasporta non solo in un tempo lontano, ma in una dimensione parallela a quella della narrazione mainstream di ciò che accadde in Italia dopo la caduta del Fascismo e l'ignominiosa fuga del re che abbandonò il Regio Esercito (e milioni di civili inermi) al suo destino di disfatta, morte e imprigionamento nei lager.
Si sa: gli Alleati che avanzavano lentamente da Sud, i Tedeschi coi loro fantocci fascisti a Nord, assieme ai Partigiani che li contrastavano.
Quello che non si sa è che anche alcune unità dell'Esercito Italiano parteciparono alla Guerra di Liberazione.
Sono loro "Gli ultimi soldati del re" a cui fa riferimento il titolo.
Ho già trattato altrove le implicazioni negative di questa frattura tra i liberatori d'Italia, voglio, ora, concentrarmi sul romanzo.
Corti descrive le offensive a cui ha partecipato al comando della sua unità di artiglieria, le mortificazioni di una burocrazia ottusa passata indenne attraverso la disfatta, l'ospitalità e la gioia dei contadini liberati, l'indifferenza degli abitanti delle città, ma, soprattutto, le sofferenze di soldati giovanissimi, consci già allora di andare a morire senza speranza di ringraziamento o riconoscimento alcuno.
Eppure andavano all'assalto, prima coi residuati bellici e poi con le armi alleate.
Andavano all'assalto laceri come durante la Ritirata di Russia, comandati da ufficiali superiori che non erano certo migliorati in sagacia tattica, ma affiancati, ad esempio, dai polacchi al cui sacrificio l'Italia deve tanto.
I polacchi che si fecero ammazzare perchè speravano che gli fosse concesso, dopo Milano di marciare fino a Varsavia.
I polacchi che reimportarono lo scoutismo.
I polacchi che difendevano Corti e i suoi commilitoni dagli insulti e dallo scherno degli stessi civili italiani che non capivano come si potesse ancora far parte dell'Esercito.
I polacchi consolati da Corti alla notizia dei tragici fatti della rivolta di Varsavia
Corti attraversa l'Italia liberata più volte vivendone le miserie e assistendo impotente allo sfacelo materiale e morale e alle sofferenze subìte dalla popolazione civile.
Narra con precisione l'angoscia ed il dolore di dover usare i cannoni su città e paesi pieni di civili.
Il linguaggio può sembrare un po' antiquato mentre di sicuro sono ormai desuete le romanticherie dei tempi.
Ma è attualissima la ricerca di un uomo giovane, colmo di fede e di coraggio in egual misura, caricato della responsabilità di vita e morte di soldati ancor più giovani, che si interroga sul senso di essere scampato alla Ritirata di Russia per tornare a combattere quando il 99% dei suoi concittadini si erano orgogliosamente imboscati.
E nemmeno la fine della Guerra, che per lui e per l'Italia non era certo una vittoria, riesce a dargli pace.
Non è un romanzo semplice, ma è un romanzo necessario.
Necessario alla ricostruzione, alla riconciliazione, all'analisi di ciò che è stato perchè non accada più.
Corti si interroga sul senso della Storia e delle proprie azioni. Nel marzo del 1945, mentre torna in Linea, è chiaro a tutti che è questione di settimane prima che la Guerra finisca.
Ma, allora, perchè andare? Perchè rischiare?
Si sa: gli Alleati che avanzavano lentamente da Sud, i Tedeschi coi loro fantocci fascisti a Nord, assieme ai Partigiani che li contrastavano.
Quello che non si sa è che anche alcune unità dell'Esercito Italiano parteciparono alla Guerra di Liberazione.
Sono loro "Gli ultimi soldati del re" a cui fa riferimento il titolo.
Ho già trattato altrove le implicazioni negative di questa frattura tra i liberatori d'Italia, voglio, ora, concentrarmi sul romanzo.
Corti descrive le offensive a cui ha partecipato al comando della sua unità di artiglieria, le mortificazioni di una burocrazia ottusa passata indenne attraverso la disfatta, l'ospitalità e la gioia dei contadini liberati, l'indifferenza degli abitanti delle città, ma, soprattutto, le sofferenze di soldati giovanissimi, consci già allora di andare a morire senza speranza di ringraziamento o riconoscimento alcuno.
Eppure andavano all'assalto, prima coi residuati bellici e poi con le armi alleate.
Andavano all'assalto laceri come durante la Ritirata di Russia, comandati da ufficiali superiori che non erano certo migliorati in sagacia tattica, ma affiancati, ad esempio, dai polacchi al cui sacrificio l'Italia deve tanto.
I polacchi che si fecero ammazzare perchè speravano che gli fosse concesso, dopo Milano di marciare fino a Varsavia.
I polacchi che reimportarono lo scoutismo.
I polacchi che difendevano Corti e i suoi commilitoni dagli insulti e dallo scherno degli stessi civili italiani che non capivano come si potesse ancora far parte dell'Esercito.
I polacchi consolati da Corti alla notizia dei tragici fatti della rivolta di Varsavia
Corti attraversa l'Italia liberata più volte vivendone le miserie e assistendo impotente allo sfacelo materiale e morale e alle sofferenze subìte dalla popolazione civile.
Narra con precisione l'angoscia ed il dolore di dover usare i cannoni su città e paesi pieni di civili.
Il linguaggio può sembrare un po' antiquato mentre di sicuro sono ormai desuete le romanticherie dei tempi.
Ma è attualissima la ricerca di un uomo giovane, colmo di fede e di coraggio in egual misura, caricato della responsabilità di vita e morte di soldati ancor più giovani, che si interroga sul senso di essere scampato alla Ritirata di Russia per tornare a combattere quando il 99% dei suoi concittadini si erano orgogliosamente imboscati.
E nemmeno la fine della Guerra, che per lui e per l'Italia non era certo una vittoria, riesce a dargli pace.
Non è un romanzo semplice, ma è un romanzo necessario.
Necessario alla ricostruzione, alla riconciliazione, all'analisi di ciò che è stato perchè non accada più.
Corti si interroga sul senso della Storia e delle proprie azioni. Nel marzo del 1945, mentre torna in Linea, è chiaro a tutti che è questione di settimane prima che la Guerra finisca.
Ma, allora, perchè andare? Perchè rischiare?
Piccola nota di riflessione.
Ho conosciuto le gesta dell'Esercito Cobelligerante in primis attraverso il bel libro di Alfio Caruso "In Cerca di Una Patria" che racconta la storia di questi uomini.
Nello scrivere questa recensione ho ripreso in mano il volume di Caruso e sono andato a spulciare nella (breve: meno di 30 voci) bibliografia e nell'indice dei nomi.
Non c'è traccia nè di Eugenio Corti nè del suo romanzo.
Data la specificità del tema è una assenza piuttosto pesante.
Un po' come parlare dell'Olocausto degli Ebrei italiani senza mai citare Primo Levi o, per restare in tema, della Ritirata di Russia senza citare Il Sergente nella Neve o Centomila Gavette di Ghiaccio.
Si può fare, certo.
Ma perchè?
26 agosto 2019
una passeggiata nella Piazza di Piccianello
Questa potrebbe essere la mia autobiografia domiciliare minima.
Ho deciso di scrivere due righe in merito perchè, durante queste ferie materane di Luglio, ho trascorso parecchie ore liete a Piccianello, un quartiere di Matera.
Passeggiare per il quartiere dove sono nato è una specie di campo minato dei ricordi, tra i flash della prima infanzia e quelli più nitidi dell'età adulta.
Ricordo la luce delle mattine di Settembre, tornando in Littorina da Torino, con il lungo viaggio che si concludeva 'alla Piazza di Piccianello' nel dissolversi della bruma mattutina.
Facevo la spesa con mia madre e tornavo finalmente a casa accompagnando alla valigia le verdure e la frutta fresca di stagione.
Oppure le prime visite alla sede Scout, di fianco alla Chiesa.
Anni dopo, la Piazza del mercato è stata spostata al confine con San Pardo, proprio sopra la Discesa di San Vito.
All'inizio mi sembrava che si fosse perso qualcosa, invece era solo diventato tutto più comodo e moderno: non è in quel trasloco che si è perso qualcosa.
Secondo me Piccianello e la sua Piazza del Mercato sono uno dei pochi bei posti della Matera Urbana.
Devastate le perifierie, gentrizzato il centro, espropriati i Sassi, cosa rimane?
A camminare per il mio quartiere, Serra Rifusa, mi sento a disagio.
Non c'è un marciapiede sano, l'immondizia è ovunque, pochi, se non rari, i passanti.
Alla Piazza di Piccianello, invece, no.
La Piazza di Piccianello è una delle ultime ridotte di Matera.
Pochi i turisti, (anche se io ormai dovrei inserirmi nella categoria), prezzi normali, atmosfera da piccola città del Sud e non da succursale di Venezia.
E' rilassante camminare tra le bancarelle, ma anche affacciarsi su via Marconi e sostare sul sagrato della Chiesa.
Al mattino presto la Piazza di Piccianello è tutta un profumo, ognuno può trovare il suo.
A me piace quello del Pane e della verdura bagnata, condito dal vociare incessante proprio di un mercato all'aperto.
E mi piace osservare il continuo via vai di chi compra quei frutti della terra, sapendo che non sono articoli da supermercato ma che arrivano dalle campagne dei dintorni, da Montescaglioso, da Pomarico, da Metaponto.
La Piazza di Piccianello non è una specie di riserva indiana per materani, ma un' oasi in un tessuto urbano desertificato.
E' un luogo vivo e vitale, pulito, moderno.
Lì ci sono il Birrificio, la Bottega del Vicinato, il Nocellaio.
Ho trascorso parecchie ore liete, lì, dicevo.
Meglio averne cura.
Ah, proprio per certificare la materanità più pura del luogo, su tutto domina il sarcofago dell'industria alimentare materana: i silos dell'Ex stabilimento Barilla: dove non c'è industria, per troppi, non c'è casa.
Passeggiare per il quartiere dove sono nato è una specie di campo minato dei ricordi, tra i flash della prima infanzia e quelli più nitidi dell'età adulta.
Ricordo la luce delle mattine di Settembre, tornando in Littorina da Torino, con il lungo viaggio che si concludeva 'alla Piazza di Piccianello' nel dissolversi della bruma mattutina.
Facevo la spesa con mia madre e tornavo finalmente a casa accompagnando alla valigia le verdure e la frutta fresca di stagione.
Oppure le prime visite alla sede Scout, di fianco alla Chiesa.
Anni dopo, la Piazza del mercato è stata spostata al confine con San Pardo, proprio sopra la Discesa di San Vito.
All'inizio mi sembrava che si fosse perso qualcosa, invece era solo diventato tutto più comodo e moderno: non è in quel trasloco che si è perso qualcosa.
Secondo me Piccianello e la sua Piazza del Mercato sono uno dei pochi bei posti della Matera Urbana.
Devastate le perifierie, gentrizzato il centro, espropriati i Sassi, cosa rimane?
A camminare per il mio quartiere, Serra Rifusa, mi sento a disagio.
Non c'è un marciapiede sano, l'immondizia è ovunque, pochi, se non rari, i passanti.
Alla Piazza di Piccianello, invece, no.
La Piazza di Piccianello è una delle ultime ridotte di Matera.
Pochi i turisti, (anche se io ormai dovrei inserirmi nella categoria), prezzi normali, atmosfera da piccola città del Sud e non da succursale di Venezia.
E' rilassante camminare tra le bancarelle, ma anche affacciarsi su via Marconi e sostare sul sagrato della Chiesa.
Al mattino presto la Piazza di Piccianello è tutta un profumo, ognuno può trovare il suo.
A me piace quello del Pane e della verdura bagnata, condito dal vociare incessante proprio di un mercato all'aperto.
E mi piace osservare il continuo via vai di chi compra quei frutti della terra, sapendo che non sono articoli da supermercato ma che arrivano dalle campagne dei dintorni, da Montescaglioso, da Pomarico, da Metaponto.
La Piazza di Piccianello non è una specie di riserva indiana per materani, ma un' oasi in un tessuto urbano desertificato.
E' un luogo vivo e vitale, pulito, moderno.
Lì ci sono il Birrificio, la Bottega del Vicinato, il Nocellaio.
Ho trascorso parecchie ore liete, lì, dicevo.
Meglio averne cura.
Ah, proprio per certificare la materanità più pura del luogo, su tutto domina il sarcofago dell'industria alimentare materana: i silos dell'Ex stabilimento Barilla: dove non c'è industria, per troppi, non c'è casa.
12 agosto 2019
Una Proposta per il Partito Democratico
Il #partitodemocratico si prepara per la #crisidigoverno secondo il suo peggio. Ho un modesto suggerimento. Va dove ti porta il cuore, dico io
10 agosto 2019
7 agosto 2019
4 agosto 2019
Uno Sette, di Hideo Yokoyama: il Giappone visto da dentro
Il mio viaggio di nozze in Giappone mi ha portato in un Paese paradisiaco.
Per un turista ...
Il Giappone è un paese di una complessità difficile da apprezzare e gestire in quindici giorni di viaggio e non basta certo essere un consumatore di manga/anime/letteratura/film dall'adolescenza per potersi ritenere sufficientemente competenti sul paese dei Ciliegi in fiore.
Ecco perchè divoro con avidità tutti i pochi romanzi scritti per il pubblico giapponese che riesco a reperire.
Scordatevi Murakami (che amo).
Nei romanzi di Hideo tutte le sfumature della società giapponese sono parte della trama.
Avreste mai pensato che l'anzianità di assunzione in un posto di lavoro sia un fattore rilevante nei rapporti tra colleghi anni dopo l'inizio del lavoro?
O che il far parte di uno stesso club aziendale consenta di bypassare certe formalità burocratiche tra i membri di quel club?
Uno Sette è un romanzo in cui non succede gran che.
Prendendo spunto ad un fatto realmente accaduto (l'incidente del Volo Japan Airlines 123) Hideo ci porta dentro una redazione di un quotidiano di provincia e ne descrive minuziosamente il funzionamento.
Uno Sette è un romanzo coinvolgente a patto di amare il Giappone e di avere qualche rudimento sul funzionamento della sua società.
Non è un giallo, non è un thriller, non è un romanzo occidentale.
E' un pezzo di Giappone tradotto in italiano.
Se cercate altro passate oltre ;)
3 agosto 2019
28 giugno 2019
21 giugno 2019
I Lucani votano Destra, a Matera chiude Psichiatria e i Lucani protestano: perchè?
La nuova giunta Lucana di Destra tra i primi atti chiude il reparto di Psichiatria dell'ospedale di #Matera e sospende la creazione di quello di radioterapia.
La faccenda va inquadrata nel secolare campanilismo interno alla Basilicata pur senza trascurare gli scandali della precedente gestione clientelare del CentroSinistra.
In piena continuità con il livello Nazionale.
Dunque, quello che trovo irresistibilmente comico è la generale ondata di indignazione in una città del Sud in cui la LEGA NORD ha preso il 15% e rotti dei voti e in una provincia in cui la destra ha superato il 40%.
Chi credevano di aver votato? Civati?
Le politiche di estrema destra escono dall'uovo di pasqua?
Quando si vota la Destra il Taglio della Sanità è un preciso mandato elettorale preteso a furor di popolo e noto e stranoto almeno dagli anni '80.
Lamentarsene a posteriori entra più nella categoria della schizofrenia che in quella della politica.
19 giugno 2019
Incidenti Stradali a Bologna nel 2018: raddoppiano i pedoni uccisi
Aspettavo da molto tempo le statistiche ufficiali sugli incidenti a Bologna nel 2018.
Potete trovare i dati completi qui.
Manca una voce fondamentale: dove sono stati uccisi i 4 pedoni in più morti nel 2018 rispetto al 2017?
9 morti nel 2018 contro 5 nel 2017: un aumento quasi del 100%
Una rapida ricerca su google permette di rispondere, con buona probabilità di azzeccarci: "sulle strisce pedonali".
Il che implica una pesante responsabilità per chi ha spostato risorse dal controllo degli automobilisti a quello dei ciclisti.
Già, perchè nell'anno in cui sulle strisce pedonali di Bologna c'era quasi un morto al mese l'Amministrazione ha deciso che il vero rischio per la sicurezza dei cittadini non erano le automobili ma le biciclette e mentre scrivo non sono poche le pattuglie in borghese che sono in agguato sotto i portici per multare i ciclisti contromano.
Ciclisti che non hanno responsabilità alcuna del bollettino di guerra contenuto nelle statistiche testè pubblicate.
Nonostante ciò, alle auto è lasciata licenza di uccidere senza praticamente controlli.
Di mettere una pattuglia in borghese su un passaggio pedonale su cui magari è stato investito qualcuno per multare chi non da la precedenza ai pedoni non se ne parla proprio.
Ecco perchè mi sarebbe piaciuto che questo dato fosse stato rilasciato dalle autorità.
Perchè non esistono gli incidenti stradali, ma solo (tentati) omicidi preterintenzionali e la sicurezza stradale non ammette fatalità, ma soluzioni innovative basate sulle evidenze statistiche e quella piccola, negletta faccenda che si chiama Progresso.
15 giugno 2019
il Rosario di Salvini, visto da vicino
Mi riempie di meraviglia più del cielo stellato come si possa ascoltare il Discorso della Montagna e accogliere con uguale emozione Salvini che bacia in pubblico un Rosario.
Ai Crisiani si rimproverano Crociate ed Inquisizione. Salvini che bacia il rosario è un'ottima spiegazione anche di quegli orrori.
Ai Crisiani si rimproverano Crociate ed Inquisizione. Salvini che bacia il rosario è un'ottima spiegazione anche di quegli orrori.
12 giugno 2019
TrOP GUN in salsa gialloverde: La Legittima difesa e la diffusione delle armi da fuoco non sono la stessa cosa
La responsabilità delle conseguenze di un atto criminale non può essere condivisa tra attore e vittima. Ma le armi devono sparire, sennò prima o poi qualcuno ammazzerà un bambino che dormiva nella sua stanzetta con una pallottola vagante.
E questo per la parte razionale.
Per gli orrori del plauso osceno alla fine di una vita per poche sigarette rimando alla vignetta qui sotto
11 giugno 2019
avere 12 anni mentre saltava Černobyl'
Tra un mese è il mio compleanno, pensavo io.
Ancora 30 giorni.
E, cosa ancora migliore, tra un mese e sei giorni finirà la scuola.
Ah, le vacanze della Seconda Media.
Dal Primo Giugno a metà Settembre.
Giochi all'aperto nella periferia materana, un cantiere eterno di cui non sapevo vedere le brutture ma solo le collinette di terra di risulta da cui lanciarsi in bici, di cui non vedevo i cumuli di rifiuti ma le assi per costruire casette, le cinghie di contenimento dei blocchi di mattoni per farne miccie per i nostri piccoli roghi.
La primavera era esplosa e quelle ultime settimane di scuola erano davvero pesanti.
L'anno successivo saebbero entrati gli scout nella mia vita, ma quella primavera era tutta per la bicicletta, risiko, monopoly ed Uno.
Finchè arrivò una sera di fine aprile ed il telegiornale ci raccontò che anche il nostro mondo era cambiato per sempre
Ecco, io ricordo perfettamente questo video con le esatte parole del conduttore "ondate radioattive provenienti dall'Unione Sovietica"
Ero fresco di shock per la visione di The Day After e mi ero fatto la classica cultura da ragazzino nerd degli anni '80 (versione Sud Italia, però).
Una centrale nucleare in una condizione peggiore della Sindrome Cinese.
Una centrale nucleare in una condizione peggiore della Sindrome Cinese.
La notizia mi raggelò.
Quella stessa notte cominciò l'ansia.
Che cosa sarebbe successo quando la nube radioattiva, la cui avanzata ci veniva comunicata con bollettini di guerra allarmanti ed angoscianti, ci avesse raggiunto?
Il Cancro? La Leucemia? Ma, ancora prima: l'aria sarebbe diventata puzzolente? Amara? Urticante?
La nube arrivò e smettemmo di uscire di casa.
Per andare a scuola ci infilavamo di corsa nelle macchine senza respirare.
E pensare che a scuola ci andavamo a piedi, prima.
Smettemmo di bere latte e di mangiare verdure (hurrà).
Smettemmo di giocare all'aperto, nei campi e nei cantieri.
Ci rifugiammo nelle tavernette, come in inverno, mentre fuori brillava il sole di Maggio e i radionuclidi immaginavo facessero luccicare l'aria di effetto Cherenkov.
Poi, esattamente come il tempo ha abraso i ricordi, anche l'emergenza si diluì nelle ultime giornate di Maggio.
Mi dimenticai del mio compleanno, ma non dimenticai più il volto grave che mi annunciava la morte strisciante che cavalcava le "ondate radioattive".
Mi dimenticai del mio compleanno, ma non dimenticai più il volto grave che mi annunciava la morte strisciante che cavalcava le "ondate radioattive".
10 giugno 2019
La Lega Vince a Ferrara e come primo gesto politico copre lo striscione che chiede Verità e Giustizia per Giulio Regeni
La Lega Vince a Ferrara e come primo gesto politico copre lo striscione che chiede Verità e Giustizia per Giulio Regeni.
Verità e Giustizia: due cose che la Lega, evidentemente, non comprende
5 giugno 2019
4 giugno 2019
30 maggio 2019
Tagliate i diritti degli altri: taglierete il vostro stipendio.
Giusto un leggero e non logorroico memento mori.
Non è una teoria mia: "il declino della violenza di Steven Pinker", "utopia per realisti di Rutger Bregman".
E' il rispetto dei diritti umani, la non violenza, l'empatia, a generare le condizioni per il benessere diffuso di XX e XXI secolo.
Tagliate i diritti degli altri: taglierete il vostro stipendio.
9 maggio 2019
un Salone del Libro Fasciofree
Temo che, ancora una volta, la Sinistra riuscirà a trasformare una vittoria tattica, invece che in una strategica, in una vittoria di Pirro.
Dichiararsi fascisti non è soggetto ad interpretazione, significa dichiararsi a favore di queste piacevolezze:
- Violenza Politica e non;
- Leggi Razziali;
- Blocco classista della Società con istituzionalizzazione dello sfruttamento dei lavoratori;
- Abolizione del diritto di voto, di parola e di pensiero;
- Uso di armi chimiche contro i civili;
- deportazione, imprigionamento (e successivo sterminio) di oppositori, ebrei, rom e chissà chi hanno in lista nel XXI Secolo;
- guerre di aggressione;
- Capacità innata di credere alle proprie stesse menzogne di propaganda.
E questo è per restare sul classico. Ma ci terrei anche a ricordare altre piacevolezze tipicamente fasciste, quali la retorica della forza accompagnata da livelli di incompetenza e corruzione tali da portare alla tragedia anche i propri stessi soldati. Mistificare la realtà fino a mandare la fanteria con le scarpe di cartone in Russia contro i carri armati, mantenere in produzione caccia biplani obsoleti per accontentare gli amici industriali con le ovvie conseguenze per l’Italia inerme di fronte ai bombardamenti e potrei continuare a lungo.
Al di là delle questioni penali relative alla ricostruzione del partito fascista chi si dichiara fascista non è nell’arco costituzionale.
Non ci si può lasciar attrarre nel giochetto della censura di un libero pensiero: i fascisti non sono nella stessa categoria dei terrapiattisti o dei fondamentalisti religiosi, ma in quella dei mafiosi, camorristi, schiavisti: devono uscire dalla storia e restare nell’ambito della procedura penale.
Le persone di sinistra in primis devono smettere di accettare l’esistenza di un binomio fascisti/comunisti perchè è un falso storico: non si possono mettere sullo stesso piatto della bilancia Mussolini e Gramsci nè Almirante e Berlinguer.
Il piccolo seme di dignità che ha portato alla prima battuta di arresto per Salvini (perchè non c’è dubbio che è stata una provocazione pianificata a tavolino) non deve rimanere isolato e va coltivato accuratamente con il contributo di tutti quelli che provano orrore nella delittuosa affermazione “Io sono fascista”
4 maggio 2019
ruoli
Da una conversazione con un Capo Squadriglia:
"Qui siamo tutti per imparare, non c'è nessuno ad insegnare"
25 aprile 2019
Operazione Herring: Salvare il 25 Aprile
L'Oblio in cui giace l'Operazione Herring è una delle tante concause della nostra crisi democratica.
Anche il 25 Aprile, ormai, deve essere difeso come ricorrenza e come luogo e ha perso il suo valore di Festa Nazionale, anche nel banale e apocrifo senso di quando la Nazionale di Calcio vince una partita importante.
Vi invito a leggere il link che ho riportato sopra su questo fatto d'armi avvenuto proprio nei giorni della Liberazione.
La collaborazione di tutte le forze che propugnano il progresso sociale , culturale e scientifico non è più un optional ma un fattore critico.
La Liberazione dell'Italia dal Nazifascismo è stata conseguita grazie agli sforzi congiunti (più o meno coordinati) di tantissimi attori (dal peso, ovviamente, diverso):
- le truppe alleate (inclusa la brigata ebraica: la bandiera del Gran Muftì di Gerusalemme sventolava a fianco di quella nazista ben prima della nascita di Israele);
- i partigiani comunisti;
- i partigiani di altra militanza (Cicero pro domo sua: Mai sentite le Aquile Randagie e O.S.C.A.R.?);
- L'Esercito Italiano Cobelligerante.
Oggi, in due parole, il 25 Aprile è uno stanco rito che ricorda la lotta "paritetica" tra fascisti e comunisti.
Visto che il fascismo fu sconfitto all'epoca e il comunismo non esiste più di che state cianciando?
Questa catastrofica vulgata è, ovviamente, funzionale ad una erosione ormai definita dei valori dell'antifascismo:
si bruciano le statue delle partigiane trucidate, si rompono le targhe, le istituzioni disertano e dileggiano il 25 aprile, è evidente che i tabù sono caduti.
Non credo, tuttavia, che il rischio per la democrazia venga dai neofascisti.
Viene dalle divisioni nella società civile figlia delle libertà antifasciste.
Se non sei vegano non sei ambientalista, se non vai in bici sei servo dei petrolieri e delle case automobilistiche, se voti il PD sei peggio di Salvini, se sei cattolico sei per forza fan di Adinolfi ecc.
In questa giornata sacra, quindi, fermiamoci a riflettere su quanto le cose che ci dividano siano molte di più di quelle che ci uniscono.
Ma sono anche molto più piccole di quelle che ci uniscono: la Libertà, la Laicità, la Scienza, il Progresso Sociale dell'Uomo, il futuro di tutti i nostri figli.
Ricordiamo, quindi, i paracadutisti dell'Esercito dell'Operazione Herring assieme a tutti i caduti di ieri nella lotta contro il Fascismo e decidiamoci una buona volta a ricostruire un fronte comune basato sul fatto che chi non è fascista è antifascista.
E' vero, il Fascismo è la menzogna che crede di essere la verità ed è destinato, a medio termine, a perire sotto il peso delle proprie intrinseche contraddizioni.
Ma non è il caso di aspettare per lasciarlo morire di vecchiaia: schiacciamogli la testa subito.
si bruciano le statue delle partigiane trucidate, si rompono le targhe, le istituzioni disertano e dileggiano il 25 aprile, è evidente che i tabù sono caduti.
Non credo, tuttavia, che il rischio per la democrazia venga dai neofascisti.
Viene dalle divisioni nella società civile figlia delle libertà antifasciste.
Se non sei vegano non sei ambientalista, se non vai in bici sei servo dei petrolieri e delle case automobilistiche, se voti il PD sei peggio di Salvini, se sei cattolico sei per forza fan di Adinolfi ecc.
In questa giornata sacra, quindi, fermiamoci a riflettere su quanto le cose che ci dividano siano molte di più di quelle che ci uniscono.
Ma sono anche molto più piccole di quelle che ci uniscono: la Libertà, la Laicità, la Scienza, il Progresso Sociale dell'Uomo, il futuro di tutti i nostri figli.
Ricordiamo, quindi, i paracadutisti dell'Esercito dell'Operazione Herring assieme a tutti i caduti di ieri nella lotta contro il Fascismo e decidiamoci una buona volta a ricostruire un fronte comune basato sul fatto che chi non è fascista è antifascista.
E' vero, il Fascismo è la menzogna che crede di essere la verità ed è destinato, a medio termine, a perire sotto il peso delle proprie intrinseche contraddizioni.
Ma non è il caso di aspettare per lasciarlo morire di vecchiaia: schiacciamogli la testa subito.
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