Mi feci il caffè sul fornello elettrico, tirai fuori uno degli ultimi e stantii pezzi di ciambella
di mia madre
e iniziai a controllare tutto due volte.
Mi ero preparata con cura e filò tutto liscio.
Mi feci la doccia come ultimissima cosa.
All’uscita, in portineria, non c’era nessuno.
Decisi di prendere il tram invece che andare a piedi, non avevo intenzione di presentarmi
grondante di sudore.
Presi il numero 10 alle 08:05 e timbrai il biglietto.
Marta, ricordati di fare l’abbonamento la prossima settimana’.
Dovetti concentrarmi parecchio per contare le fermate fino a Corso Inghilterra.
Il mio stato d’animo era completamente diverso da quello della sera prima.
Somigliava a quello che provavo durante le interrogazioni, quando rispondevo ad una domanda
difficile per cui ero preparata.
Somigliava al primo giorno di route, quando tutto sembra così difficile eppure a portata di mano.
Lo stavo facendo, senza costrizioni, lo stavo facendo davvero.
Pensavo solo a Corso Siccardi e a quello che sarebbe cominciato lì.
Scesi e mi avviai verso via Cernaia, riparandomi dal Sole all’ombra dei portici.
Ero in anticipo e non aveva senso affrettarsi, non aveva senso sudare.
Sudare più di quello che mi stava facendo sudare l’eccitazione.
Distrarsi era impossibile e a un certo punto mi venne addirittura in mente la divina commedia
nei versi in cui le anime dannate si affrettano a raggiungere l’inferno.
Mancava un quarto d’ora all’appuntamento.
Le bancarelle erano tutte chiuse.
Un po’ ci speravo, non avrei voluto attirare l’attenzione del libraio.
Un po’ lo temevo: tra i libri mi sento forte.
Otto minuti.
«Tra otto minuti devo trovarmi qui, all’angolo con Via Cernaia».
Lo dissi a me stessa ad alta voce, lo ricordo perfettamente.
Mi incamminai attraverso le due file di bancarelle chiuse, direzione centro.
Gli alberi, ancora in pieno rigoglio estivo, rendevano fresco il mio camminare
tra le serrande abbassate.
Arrivai in fondo al Corso, guardai l’orologio.
Cinque minuti.
Invece di voltarmi indietro avrei potuto attraversare la piazza, raggiungere il centro storico.
Prendere un gelato, entrare in una libreria.
Godere il tepore degli ultimi giorni d’estate.
Telefonare a Marco, scrivergli una mail o addirittura una lettera.
‘Se gli scrivessi che mi manca?’.
Uscii dall’ombra e la luce del Sole mi fece starnutire.
‘No, oggi non scriverò a nessuno’.
Mi voltai e mi incamminai verso il mio destino.
Guardai dritto davanti a me, verso il luogo dell’appuntamento, oltre le bancarelle.
I pensieri erano evaporati.
つづく

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