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| Marta riceve una email | 
Ora so perché mi sono presentata agli esami quasi sempre calma e tranquilla: ho consumato tutto il nervosismo e l’ansia di una vita in quella settimana di settembre passata nell’attesa.
La vissi in uno stato di eccitazione e terrore fusi assieme, determinazione e codardia abbracciati, speranza di trovare una persona seria e paura di trovarne una troppo seria.
Il Collegio aveva una saletta informatica con ben cinque computer operativi e un paio in disuso.
Io avevo il mio portatile, ma non era ancora il momento di avanzare richieste particolari a Suor Agata, dovevo prima dimostrare di essere degna di fiducia.
Quindi, mi abituai ad usare uno dei computer del collegio mettendo in atto tutte le precauzioni del caso per cancellare le mie tracce.
Il Lunedì pomeriggio riferii dei miei successi, il martedì avevamo fissato la data dell’incontro: la mail di conferma del martedì pomeriggio era scritta in maniera pacata: «Cara bambina: io lavoro, devi aver pazienza fino a sabato mattina».
L’appuntamento era fissato alle bancarelle dei libri usati di Corso Siccardi.
Alle nove in punto.
Meglio evitare il caos delle bancarelle (all’epoca a me sconosciute) di via Po, meglio evitare il centro.
Faceva caldo anche se era Settembre, un caldo estivo appiccicoso che speravo di aver lasciato mille km più a sud.
E invece no.
«Ah, già, allo studentato vivi in doppia, vero? Vedi di ritagliarti un po’ di privacy e di mandarmi qualche fotografia, ti lascio la scelta della posa».
Per il momento ero sola.
La mia compagna di camera sarebbe arrivata a metà mese per l’ultimo appello estivo.
Avevo tutta la privacy che volevo e, se quel Sabato le cose fossero andate nel modo giusto, non ne avrei avuto più bisogno.
Scattai qualche foto, le cifrai, poi le copiai su un floppy e le spedii da un pc della saletta informatica.

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