9 febbraio 2020

L'uomo nell'ingranaggio, di Pietro Piro



Non ho le competenze per recensire adeguatamente il contenuto dell'ultima fatica di Pietro Piro: "L'Uomo nell'Ingranaggio".
E' una raccolta di saggi e recensioni divisa in 4 sezioni: Comunità, Lavoro, Tecnica, Chiesa.
Ho, tuttavia, le competenze tecniche e spero quelle umane per descrivere le emozioni che la lettura mi ha fatto provare e trasmettervi la curiosità per questo libro e per gli altri scritti dell'Autore.
Caro lettore, va tutto bene?
Contento del lavoro? Sei sicuro di conservarlo?
Ti senti uomo libero in un Paese Libero?
Il Mondo ti sorride e domani andrà meglio?
Sei sereno per il futuro dei tuoi figli?
Puoi contare sui tuoi amici?
Godi di buona salute?
Sai identificare un ambito della (tua) vita da cui sei stato escluso?
Le sai elencare, almeno, tutte le ansie che domande come queste (o altre) potrebbero far capolino nel tuo cuore?
Certo, i saggi di Piro hanno titoli impegnativi e la lettura richiede concentrazione ed impegno.
Impegno che viene ripagato perché Piro non elenca problemi, non recensisce bollettini di guerra.
Pietro Piro non la 'la soluzione', ma offre strumenti di resistenza, antidoti, cambi di rotta utili ad uscire dall'ingranaggio e riportare la macchina tecnologica al servizio dell'Uomo e non a quella che, nel migliore dei casi, è al più una incerta simbiosi.
Il più difficile dei suoi suggerimenti è, probabilmente anche il più efficace a lungo termine.
Riportare la sfera delle relazioni da quella social network based alla banale convivialità personale.
Far tornare l'Incontro con gli amici dalla categoria degli appuntamenti di lavoro (pianificata, standardizzata, anestetizzata) a quello dell'abbraccio di sostegno reciproco, spontaneo, privo di calcolo.
La convivialità come antidoto, come vaccino.
La fraternità sottrae l'Uomo all'ingranaggio.
Purtroppo, per esperienza, l'ingranaggio prevale quasi sempre.


8 febbraio 2020

La Grande Guerra Patriottica dell'Armata Rossa di David Glantz e Jonathan House



Dopo la caduta dell'URSS una gran quantità di documenti ufficiali relativi alla Seconda Guerra Mondiale diventarono di dominio pubblico.
Fu una vera manna per gli storici occidentali che si erano dovuti basare su fonti tedesche e sulla memorialistica sovietica infarcita di propaganda e ben poco attendibile.
Non che certi 'memoriali' tedeschi fossero obiettivi ed asettici...
Una nuova generazione di storici occidentali ha potuto migliorare di molto la conoscenza su quella che è stata la più gigantesca campagna terrestre della Storia: la resistenza prima e la vittoriosa controffensiva poi del Popolo Russo all'invasione nazista della Russia.
Purtroppo in Italia di questi nuovi lavori è arrivato ben poco.
Si sa: la modernità è riservata ai popoli anglosassoni.
Comunque "La Grande Guerra Patriottica dell'Armata Rossa" di David Glantz e Jonathan House è stata tradotta nella lingua di Dante e me ne sono procurato una copia (cartacea, ahimè).
Penso che sia il miglior testo sulla Storia della Seconda Guerra Mondiale sul Fronte Orientale.
Battaglie, date, ferocia, disumanità non sono descritti meglio di altri libri.
Quello che non ho trovato altrove è la descrizione dell'evoluzione dell'Armata Rossa.
Nei libri più datati l'Armata Rossa perde perchè presa di sorpresa e mal guidata da Stalin, vince perchè sommerge col numero e col coraggio i nazisti invasori (tra cui ci siamo anche noi: prima di essere vittime, gli italiani dell'ARMIR sono stati invasori, è un semplice dato di fatto).
Questo testo racconta tutta un'altra storia.
Racconta di come l'Armata Rossa sia cresciuta più nella Competenza, nelle capacità organizzative e logistiche, nelle tattiche, nell'addestramento che nel numero.
I Sovietici impararono, Stalin incluso. 
Lezioni che costarono loro 30 milioni di morti, ma impararono.
Dove concordo solo parzialmente è sulla preminenza assegnata all'Armata Rossa nella sconfitta di Hitler rispetto agli alleati occidentali.
Del resto gli autori si contraddicono: all'inizio del 1945, secondo le loro stesse indicazioni e cifre, l'Armata Rossa era allo stremo delle forze, con gran parte delle divisioni formate da 2000 uomini invece che 12000. 
Successivamente, quando esaminano la questione, affermano che senza l'aiuto materiale USA (al di là, quindi, del contributo bellico diretto degli americani, parliamo, dal 1942, di migliaia di aerei, carri armati, ma soprattutto camion e veicoli, benzina, divise, cibo) i russi sarebbero arrivati a Berlino lo stesso, magari con 18 mesi di ritardo.
Fuori tempo massimo direi. Il ritmo di perdite dell'Armata Rossa, se prolungato anche solo di un altro anno avrebbe costretto Stalin a decisioni ben diverse rispetto alla sanguinosa avanzata nel cuore della Germania dopo aver liberato la Russia dall'Invasore.
Di fatto, senza l'Armata Rossa gli USA avrebbero comunque vinto la guerra (ricordo ai miei pochi lettori che la Germania non aveva un programma nucleare serio, gli USA sì).
Secondo gli autori, senza l'aiuto Occidentale, l'Armata Rossa avrebbe sanguinato molto di più e probabilmente non sarebbe riuscita a cacciare i tedeschi dalla Russia prima del 1946.
Al netto di un dettaglio: nei loro calcoli gli autori considerano gli aiuti USA ai Sovietici ma non cosa avrebbero potuto fare i nazisti con  le forze impegnate ad Occidente sul Fronte Orientale: per esempio, anche solo considerando l'assenza dei massicci attacchi aerei USA sulla Germania, i 10mila cannoni della flak da 88 usati per contrastare i bombadieri USA sarebbero stati schierati ad Est come cannoni anticarro per non parlare delle migliaia di intercettori (e dei nuovi jet) che sarebbero stati anch'essi spostati ad est...
Il resto è pura speculazione calcistica: il contributo Sovietico fu enorme, essenziale, ma di sicuro non esclusivo.
Consiglio vivamente la lettura ad appassionati e anche a profani che vogliano conoscere come andarono le cose al di là delle due righe che si ricordano dai tempi del sussidiario.
Il testo è corredato da qualche foto, moltissime tabelle di grande interesse e tante mappe dettagliate e chiare.

31 gennaio 2020

Il 15,6% degli Italiani è negazionista dell'Olocausto



A latere della Giornata della Memoria 2020 è venuto fuori questo report dell'Eurispes che certifica il drammatico incremento degli Italiani negazionisti della Shoah.
Praticamente, dal 2004 a oggi gli italiani che negano la Shoah sono cresciuti dunque dal 2,7 al 15,6%.
Ovviamente, la diffusione di questo terribile dato ha suscitato un vespaio di polemiche e di accuse ai politici populisti e di destra attribuendo questa catastrofe ai loro spregiudicati comportamenti.
Storia triste, pericolosa, disgustosa ma già sentita.
Giusto?
Beh, veramente, a leggere bene le carte, le cose non stanno proprio così.
Per favore, cliccate sul link a inizio post e aprite il report originale.
Andate a pagina 46 ed iniziate a leggere ...
Fatto?
Avete letto almeno tutta la colonna di sinistra?
Sorpresa!
Il 23,5% degli elettori di Centro Sinistra è negazionista.
Ma chi l'avrebbe mai detto...
Una persona su 4 che, invece di votare Lega ha votato Centro Sinistra la settimana scorsa, in pratica, è antisemita nè più ne meno dello stereotipo picchatore di Forza Nuova/Casapound ecc.
I pochi affezionali lettori di questo blog sanno che considero l'Antisemitismo di Sinistra una delle cause di fallimento politico della stessa, al di là dell'oscenità del sentimento in questione.
Ora il mio pensiero è confermato dalle statistiche.
La mia domanda è: come se ne esce?
La risposta è nello studio, nella conoscenza, proprio riguardo, ad esempio, la storia e l'attualità del conflitto Arabo Israeliano.
Ma quanti di quel 23,5% possono essere persuasi anche solo a leggersi 'na pagina web sulla storia recente di Gaza?
L'ignoranza, il pregiudizio, quindi, si confermano più pericolosi di una malattia per la vita delle persone.
E ora tornate pure a disprezzare chi vota Salvini.

28 gennaio 2020

Troop Zero: la forza degli uccellini (Coccinelle)




Gli algoritmi di Amazon mi hanno proposto la visione di questo film.
Ho abbocato.
E ho fatto bene.
Ho trovato il film di una delicatezza esemplare, annacquata solo da un minimo di retorica appena funzionale a lubrificare i terribili ingranaggi del dolore, della solitudine, della perdita, della disperazione in cui  anche i bambini si trovano a boccheggiare.
Traduco con coccinelle l'americano birdie scout in quanto è la cosa più simile che abbiamo in Italia.
Le coccinelle americane sono estremamente diverse da quelle dell'AGESCI e il loro scoutismo si basa molto sull'impegno del singolo e un po' meno su quello collettivo (mentre sembra del tutto assente il concetto di Sservizio ai più piccoli).
Tuttavia, non scrivo queste righe di certo per una disquisizione sulle differenze tra scoutismo USA e scoutismo italiano.
Le scrivo perchè il film mi è piaciuto molto e perchè è una delle rare testimonianze cinematografiche della straordinaria efficacia dello scoutismo nel far star meglio gli esseri umani.
Bambini ed Adulti, tutti assieme.
Non credo che gli autori abbiano voluto sottolineare la valenza educativa dello scoutismo, è lo scoutismo che, pur restando dietro le quinte, si dimostra strumento di sollievo, di riscatto, di tutela e di crescita per i bambini.
E, almeno nel Film, anche per gli Adulti.

17 dicembre 2019

Proposta Educativa: Fedeltà




Fedeltà « Fedeltà non deve mai essere ossequio formale ma impegno quotidiano.» Quando abbiamo ricevuto il messaggio che Liliana Segre cha voluto indirizzare a noi capi, l’ho letto più volte perché sentivo un grande coinvolgimento. L’ho riletto però anche all’annuncio dell’assegnazione della scorta alla senatrice a vita. Sì, perché è successo anche questo. Per tanti, probabilmente, lo sconcerto del momento sarà già finito nel dimenticatoio. Però è bene ricordarlo: Liliana Segre, 89 anni, sopravvissuta alla Shoah, vive sotto protezione perché costantemente minacciata. Quella mattina le parole della senatrice sono state ancor più una sferzata a prendere le cose davvero sul serio. «Ossequio formale o impegno quotidiano?». Una domanda scomoda, perché svela come l’adesione di facciata ai valori non serva a nulla. Pena il finire ad allungare la pericolosa fila degli indifferenti. Ma se la vita è disorientante, c’è una fune che possiamo afferrare per procedere sicuri, ed è la fedeltà. Fedeltà a quel che siamo, a ciò in cui crediamo, a ciò a cui ci sentiamo chiamati. Per dirla in due parole, per noi capi, al Patto associativo. Il numero di Proposta Educativa che avete tra le mani segue i quattro della serie “ImPatto”, dedicati ad altrettanti grandi temi alla base della nostra identità – essere persone significative e felici, che rispondono a una vocazione, che ragionano con la propria testa, fondamentalmente umani – e cerca di offrire spunti proprio sul tema della fedeltà al Patto associativo. Siamo partiti raccogliendo un sentire che si fa largo in Associazione: essere fedeli è contemplare un testo in cornice o rinnovarne le scelte? Abbiamo ripercorso la storia del nostro documento chiedendo a Capo Guida e Capo Scout come immaginano di tener fede alla accomandazione a «intraprendere un percorso di riappropriazione dei valori del Patto associativo» approvata dall’ultimo Consiglio generale (pag. 20). Se una cosa l’abbiamo capita, è che la nostra fedeltà non è liquidabile nella domanda (apparentemente la più spinosa) “Il Pa è intoccabile?”. Il nodo – o meglio, lo snodo – è fare il punto su chi siamo e cosa sogniamo, non tanto dibattere se il Patto si possa scrivere da capo

A pagina 17 il mio piccolo intervento ...

4 novembre 2019

Dieci Minuti al Parco Giochi: gli scout al Pilastro




Me ne sto ai giardinetti sotto casa a guardare bambini e ragazzini giocare.
Per lo più  si tratta di bimbetti sui 2-3 anni, ma non mancano bambini più grandi tra cui una bambina cinese i cui genitori lavorano in un negozio della zona.
Questa bambina ha un marcatissimo accento bolognese, di quelli che io non riuscirei ad acquisire nemmeno campassi cent'anni.
Ma questa è solo una curiosità da telegiornale.
Quello che mi ha veramente colpito è vedere quanto questa bambina sui dieci anni si prende cura dei bimbi più piccoli del parco giochi.
Li aiuta a salire le scalette dello scivolino, a salire sull'altalena, fa finta di rincorrerli e gioca con loro.
Ho già visto bambine del genere: le Coccinelle.
Poco più in là un gruppo di adolescenti sta chiacchierando su una panchina.
Almeno per metà sono magrebini ma gli altri sono italiani se ha senso fare una distinzione tra ragazzi che parlano la stessa lingua delle stesse cose.
Sono minacciosi?
No, ma sono una tribù e il peggio che gli si può imputare è usare un tono di voce troppo alto quando si rifugiano nella sala lettura della piccola biblioteca del Pilastro.
Il fatto è che questo quartiere sembra fatto apposta per ospitare un Gruppo Scout.
Per strada i ragazzini giocano ancora a pallone, vanno in giro in bici (purtroppo spesso sono mobike di dubbia provenienza), si rincorrono nei prati e sono sicuramente (nel senso matematico del termine) meno pericolosi dell'assoluta assenza di controlli sulle automobili che se ne catafottono di zona trenta e strisce pedonali e scuole varie.
Ci sono un gran numero di aree verdi, incluso il parco della Parrocchia.
Verde, ragazzi, una vera Frontiera in transizione tra il classico quartiere (immeritatamente) malfamato di periferia ed un nuovo luogo colmo di servizi, spazi di aggregazione e circondato da ipermercati, una Parrocchia, ed un  Ambiente Multiculturale che più non si può.
Tempo fa, qui c'era già un gruppo Scout che, purtroppo, ha chiuso i battenti.
Quando ho incontrato il Parroco mi ha detto che il problema non era la solita banale carenza di capi ma di ragazzi: a quanto pare i genitori preferivano mandare i figli altrove e non nel gruppo locale solo ed esclusivamente per la cattiva fama del quartiere.
Non ho altre informazioni e la cosa mi sembra piuttosto plausibile, se non probabile: 'ste cose avevano un peso a Matera negli anni '80 figuriamoci in questo paradossale inizio del XXI secolo a Bologna.
Ogni nuovo progetto di scoutismo, da queste parti, dovrebbe ripartire da una seria analisi di quanto accaduto in passato.
Ma nemmeno l'analisi del presente è uno scherzo.
La popolazione residente è di circa 8mila abitanti di cui 1 migliaio abbondante sono immigrati: non ha senso pensare ad un gruppo scout che non includa anche i bambini e ragazzi immigrati.
A rigore (ehm, secondo il sito web del CNGEI di Bologna con notizie vecchie di un paio di anni) al Pilastro c'è, sulla carta, un gruppo CNGEI che potrebbe essere l'uovo di colombo per le necessità del quartiere.
Solo che, in oltre 3 anni e mezzo di residenza, io non li ho mai visti in giro (ma è anche vero che il sabato pomeriggio io ero fisso a Villanova).
So anche che si sta diffondendo, in Italia, un'associazione scout musulmana modellata sull'Agesci (ma sulle modalità di collaborazione con l'Agesci stessa c'è poca documentazione online) ma, a quanto pare, senza coeducazione e diarchia.
Che sono, per me, un qualcosa senza cui non saprei fare scoutismo.
Ed è bene puntualizzarlo subito: è possibilissimo accogliere ragazzi di altre fedi in un gruppo Agesci, ma quando i ragazzi di altre fedi sono ben più di 'qualcuno' in un singolo gruppo?
Io sono "troppo agesci" per considerare di passare ad altra associazione e non perchè sarebbe sbagliato ma perchè non credo di riuscire a fare il Capo in maniera differente  da quella che ho interiorizzato in questi anni.
Poi c'è il problema degli spazi: la parrocchia ha un bel giardino recintato, non c'è da scialare, ma sarebbe sufficiente per le attività all'aperto in un ambiente protetto.
Già, perchè ovunque, non solo al Pilastro, c'è da considerare il problema della Sicurezza. Gli scout sono antipatici ed attirano i bulli come mosche sul miele.
In sostanza, penso mentre tento di distrarre Francesca dal piano dello scivolino a quello gastronomico (andiamo a fare la pappa?): un gruppo Scout qui servirebbe davvero tantissimo, ma non credo che le formule esistenti siano adeguate.
La bambina cinese ci saluta con  la manina e io penso che starebbe davvero bene in uniforme da Coccinella.

12 ottobre 2019

Pit Stop



L'ultima volta che ho scritto un post come questo le cause erano un mucchio di problemi lavorativi, problemi che ho potuto risolvere solo emigrando.
Insomma, nel passato mi è già capitato di aver dovuto lasciare il Servizio perché le cose andavano male.
Questa volta, invece, lascio perché le cose vanno bene.
Dopo 5 anni consecutivi di Servizio in cui, contemporaneamente, ho organizzato un matrimonio a distanza, comprato casa ed accolto l'immenso dono della mia bambina, credo sia arrivato il momento di prendersi un periodo sabbatico.
In una situazione privilegiatissima in cui il mio declinante contributo al Servizio può essere rimpiazzato senza troppi problemi è anche igienico farsi da parte per lasciare spazio alle nuove leve.
Ho riletto il post di commiato di 9 anni fa e mi riempie di serenità rendermi conto di quanto le cose siano migliorate su tutti i fronti.
C'è poco da aggiungere e ancor meno da argomentare.
Ho consolato troppe Coccinelle in lacrime al momento di passare in reparto e troppi E/G spaventati dalla branca R/S per non capire che doveva arrivare, prima o poi, anche per me il 'tempo' del Passaggio.
Non so quando riuscirò a riprendere il mio Servizio, so solo che, quando questo succederà, dovrò essere nelle condizioni per farlo in serenità senza le limitazioni di quest'ultimo periodo.
Inoltre, proprio nelle ore in cui stavo maturando la decisione di sospendere per un po' il Servizio, mi è arrivata una proposta di un altro Servizio che non si può rifiutare
Certo, molto meno impegnativa di quello diretto coi ragazzi, ma...
No Spoiler (per gli interessati: qualche settimana di pazienza...).
In ogni caso, prima o poi...
Bill Tornerà.