15 agosto 2024

Dimentica il mio nome: perché faccio il Capo Scout e perché vado alla Route Nazionale 2024



La Route Nazionale si avvicina a grandi passi: manca solo una settimana.

Io ci sarò.

Perché ci vado?

Per lo stesso motivo per cui faccio il Capo Scout a cinquant'anni suonati.

E perché ho iniziato a fare il Capo Scout?

Tranquilli, non la tiro troppo lunga: è una domanda che prima o poi tutti i capi si fanno, soprattutto quando qualcuno gli fissa, di venerdì sera, una riunione che potrebbe essere sostituita da un sondaggio WhatsApp.

All'inizio, magari, per essere meglio di come pensavi fosse il tuo Capo Clan.

Confessatelo, su (se avete preso la Partenza): l'avete pensato anche voi il classico "Io farò meglio di così".

Poi, maturando, per salvare il mondo.

E quando il Servizio ti entra nel sangue, per salvare anche un solo bambino.

A volte, solo per amore.

E per tutta la felicità che vedi germogliare dal tuo sudore.

Ecco, nel corso del tempo, io l'ho fatto per tutte queste ragioni.

Da un bel pezzo, però, vivo l'essere Capo come un privilegio.

Già: decine di ore  ogni mese, le albe livide della domenica mattina, il freddo ed il caldo, la sete, lo zaino, ma anche le fotocopie, lo scervellarsi per una catechesi, il ritagliare, l'incollare, le riunioni di Co.Ca. per cui fai notte, il rimetterci di tasca tua anche due lire, ecco, per me è tutto un privilegio.

Il privilegio di vivere (per un tempo ed uno spazio limitati, è vero) quasi come uno dei discepoli di Gesù.

Tutto qua.

Non mi sento mai così vicino a Lui se non durante il Servizio.

E no, non è per il rapporto con le Coccinelle (scusatemi ma lì è facile, facilissimo: livello asilo).

Ma per il rapporto che si instaura con gli altri adulti.

Qualcosa che non provo nemmeno a descrivere ma che, in cuor mio, sospetto somigli almeno un po' a quella fraternità che Gesù ha testimoniato come via di felicità in Terra per tutta l'umanità.

Per questo faccio il Capo scout, per questo andrò, la prossima settimana, alla Route Nazionale delle Comunità Capi.

Non per dare un senso alle mie giornate: io non mi annoio mai e se lo scautismo sparisse oggi resterei impegnato uguale tra prole, famiglia, modellini, lettura e scrittura dei miei romanzi.

Non per essere ricordato: quasi tutte le mie coccinelle dimenticheranno il mio nome già in reparto. Ma non il seme del Servizio ricevuto.

Niente gloria né ringraziamenti, quindi.

Inoltre, lettori di questo blog sanno della mia grave allergia alla retorica associativa sul volare alto, sognare l'impossibile, progettare il futuro eccetera, quando il turnover dei capi è roba da fanteria all'assalto delle mitragliatrici.

Eppure io alla Route ci vado lo stesso.

E la Route non è uno spasso.

La Route Nazionale non farà eccezione.

E' un evento per quasi ventimila persone organizzato tutto da volontari.

Sarà scomodo.

Si dovrà fare tanta Strada.

Ci saranno inevitabili problemi logistici e non sarà affatto facile.

Ma un Capo Scout non cerca le comodità, cerca di fare un buon Servizio.

E alla Route Nazionale si dovranno porre le basi per un ottimo servizio per i prossimi vent'anni almeno.

Vale la pena qualche sacrificio in termini di scomodità, cibo e sonno.

E magari lì mi riuscirà di parlare anche del mio sogno.

Già, ce l'ho pure io un sogno, stile volare alto per intenderci: avere un gruppo scout in ogni parrocchia.

Cambierebbe le cose.

E non ringrazierò mai abbastanza i giovani (e meno giovani) capi del mio Staff e della mia Co.Ca. per consentirmi di vivere questo privilegio.


PS: la mia Co.Ca. sarà nel sottocampo Verde, così sapete dove trovarmi. 

Dovrei anche passare un po' di tempo nello stand di Proposta Educativa.

Buona Strada e Buon Volo!

9 agosto 2024

F-9F Panther, i Ponti di Toko-Ri ovvero essere William Holden

 
















Ovvero essere William Holden in una delle sue migliori interpretazioni.

Ma prima parliamo del ferro.

L'F-9F Panther  è stato un jet di prima generazione usato dalla Marina USA durante la guerra di Corea.

I futuri astronauti Neil Armstrong e John Glenn combatterono in Corea su questo aereo.

I progressi tecnologici l'avrebbero trascinato nell'oblio se non fosse stato per il cinema di quegli anni.

Ma torniamo a William Holden, protagonista del film  "I Ponti di Toko-Ri", tratto dal romanzo omonimo di  James A. Michener.

Un pilota dell'US Navy, un civile richiamato in servizio, si trova nel bel mezzo della Guerra di Corea costretto suo malgrado a missioni di guerra rischiose e senza scopo.

L'uomo, sposato e padre di due bambine, sente che la prossima missione sarà l'ultima.

Il film, più che a narrare l'eroismo dei piloti della marina (dato per scontato, by the way) descrive l'angoscia dell'uomo mandato a morte certa. Uno dei miei primi film in cui il coraggio non è la spavalderia alla Custer ma la capacità di andare avanti nonostante il terrore.

Ecco, io penso che William Holden sia stata una delle più grandi star di Hollywood e non per il suo ruolo in Sabrina.

Penso alla mlinconia di Breezy, alla disperazione di Stalag 17, alla paura de i Ponti di Toko-ri, al rimorso in Squali d'acciaio e alla compassione in la ragazza di campagna

Che cosa c'è di hollywoodiano in queste interpretazioni di William Holden?

La nostra intellighenzia non perde mai l'occasione di ricordarci che gli americani sono barbari (ma passati direttamente alla decadenza).

E che il machismo, nato con John Wayne e cresciuto con Rambo II la vendetta, è tutto quello che viene dagli States.

E, invece, una delle più grandi star di Hollywood degli anni d'oro ha interpretato un mucchio di ruoli in cui la spavalderia, la forza bruta, il 'prima spara poi dici mani in alto', non hanno cittadinanza.

Anche nell'America degli anni '50 e '60 c'era evidentemente spazio per l'empatia, la debolezza, la paura, la disperazione: l'umanità più profonda.

Ed ecco qua, un modellino di aereo degli anni '50 e un attore semidimenticato.

Ma non dall'arte.


5 agosto 2024

Perché assumere subito Akela ed Arcanda



Un po' di pubblicità progresso ogni tanto non fa male: perché assumere Akela e Arcanda?

Secondo me, un Capo Scout disoccupato dovrebbe essere un ossimoro.

I Capi giovani adulti non sono certo rappresentativi degli italiani della loro età.

In realtà sono esattamente come tutti gli altri, ma, tralasciando completamente tutte le faccende legate al Servizio, al Cattolicesimo ed al volontariato, hanno un paio di cosucce in più: la competenza e la capacità di prendersi la relativa responsabilità.

Lo so, lo so: "Ma gli scout sono capaci di relazionarsi, di lavorare in gruppo". In genere sugli articoli di stampa che parlano di scout si enfatizza questo aspetto e qualche recruiter potrebbe puntare sulle comprovate capacità relazionali.

Tutto vero eh.

Ma non è tutto.

I capi scout hanno delle competenze gestionali, logistiche e di pianificazione di un certo spessore.

Visto dall'esterno, un campo scout è completamente trasparente rispetto a tutto il lavoro preparatorio che c'è dietro.

Ossia:

Alloggiare 50 persone.

Pensateci: voi sapreste farlo? Sapreste far alloggiare 50 persone spendendo tipo 10 euro a notte?

Sapreste organizzare il loro trasporto?

Per non parlare dell'equipaggiamento: cancelleria, attrezzi, costumi e scenografie.

Sapreste dargli da mangiare?

Sapreste pianificare un menu sano, includendo anche intolleranze ed allergie, spendendo per di più massimo cinque euro al giorno?

Sapreste gestire i dati sanitari e le terapie di tutta 'sta gente?

Sapete come si puliscono ed igienizzano i gabinetti e le docce per 50 persone tutti i giorni?

Sapete organizzare la Cucina, l'apparecchio/sparecchio, la distribuzione dei pasti, il lavaggio dei piatti?

In più, ovviamente, c'è il piccolo dettaglio delle attività specifiche di Lupetti e Coccinelle che includono giochi, attività manuali, qualche passo su un sentiero assieme a Gesù, espressione artistica e scouting.

'sta roba non la contiamo però: è profondamente anticapitalista...

Nell'Italietta delle PMI dubito molto che il flusso di lavoro della commessa di un'impresa media sia più complesso di un campo scout.

Quindi?

Assumete un Capo Scout.

Ma poi dategli le ferie per andarci, ai campi scout!

3 agosto 2024

L'Operazione Overlord e le Ali di Icaro







Sono piuttosto allergico alle espressioni tipo "Basterebbe Che".

Non basta mai.

La complessità può essere affrontata raramente con soluzioni facili.

Però ritengo ci sia una piccola eccezione.

Ecco, penso che una diffusa conoscenza della Storia della Seconda Guerra Mondiale (niente di specialistico, roba divulgativa del livello di Piero o Alberto Angela) ci risparmierebbe un sacco di guai.

Ad esempio (ma potrei stilare un logorroico elenco di molte pagine), dubito molto che tra i manifestanti del 25 Aprile sia presente la banale consapevolezza che l'Italia è stata liberata dai nazifascisti grazie ad una massiccia campagna aeronavale con tanto di bombardamenti sulle città (per non parlare dei combattimenti terrestri dalla Sicilia a Bologna) che hanno provocato più di centomila vittime civili.

Un pragmatico: "No alle bombe alleate? Allora Sì a Mussolini!" Sarebbe un sano dato di fatto da tener presente quando si parla di Ucraina o Medio Oriente.

Insomma, la Storia della Seconda Guerra Mondiale, se diffusa più o meno al livello di conoscenza del campionato di calcio potrebbe contribuire a risolvere un mucchio di problemi (riscaldamento globale incluso).

Ho letto con molto interesse (e soddisfazione) la monografia sull'Operazione Overlord (ossia la fonte primaria della nostra libertà e del nostro benessere) pubblicata dalla rivista "Storia Militare".

Di concezione moderna, la monografia fa luce su aspetti trattati solo superficialmente nei vari libri che ho letto nel tempo.

Infatti, c'è un altro aspetto che in Italia è sconosciuto a tutti i livelli: la preminenza della Logistica.

Al contrario di quanto potrebbe sembrare intuitivo, le forze di terra Alleate durante lo Sbarco in Normandia e almeno fino all'offensiva delle Ardenne erano numericamente inferiori a quelle naziste.

Ma godevano della superiorità aerea.

E di una assoluta superiorità logistica: le truppe alleate avevano munizioni, cibo, farmaci, carburante e pezzi di ricambio in abbondanza.

Nella monografia sono accuratamente descritti due dei cardini di questa superiorità: i porti artificiali e gli oleodotti per il trasporto di carburante attraverso la Manica: nel 1944!

E si sa com'è andata a finire.

Ecco, secondo la mia esperienza, la logistica è trattata come una cenerentola in tutti gli ambiti in questo paese.

Al lavoro, nella pubblica amministrazione, nella vita quotidiana: i desideri prevalgono sempre sulla realtà.

Attenzione: i desideri, non gli obiettivi.

Senza obiettivi non ci sarebbe progresso, i desideri messi davanti alla realtà generano solo problemi e frustrazione: dato che le risorse sono sempre limitate, la prima domanda giusta da farsi non è: "Che pentola devo usare per cuocere 5 kg di spaghetti?" Ma "Con questa pentola e quest'acqua quanti kg di spaghetti riesco a cuocere?"

Perché se la gente ha fame e la pentola permette di cuocere solo 1 kg di spaghetti, ignorarne la capienza e metterci dentro 5 kg di pasta significa buttare tutto nell'immondizia.

Però c'è un'eccezione (immagino tra tante) che conosco molto bene: chiedete ad Akela ed Arcanda: loro lo sanno bene che la logistica prevale sul Volare Alto. 

Perché loro devono far volare davvero Coccinelle e Lupetti.

E non con le ali di Icaro.

(Ma di questo parlerò meglio un'altra volta)

15 luglio 2024

Orizzontali e Verticali

 




Viva la Palestina Libera, senza Hamas, Hezbollah, Jihad Islamica, ISIS, Pasdaran, Ayatollah e anche senza le femministe che ignorano stupri (di ebree) e Sharia (per tutte le suddite di Hamas).
Due Popoli, due stati!

PS: la bandiera è orizzontale e postarla in verticale è solo un ennesimo esempio di ignoranza applicata alla questione.

8 luglio 2024

Due Zingari al Pilastro

Il Parcheggio della Discordia


Due Zingari è una bellissima canzone di Francesco De Gregori.

Ma la storia che sto per raccontarvi non è per niente bella.

Non c'è un vero e proprio principio.

Al Pilastro, nei pressi di Via San Donato, spesso e volentieri pernottano in Camper alcune famiglie di Rom.

Ovviamente, ai dirimpettai la cosa non può far piacere per motivi banali: schiamazzi notturni e non, vandalismo (a dir poco), rifiuti solidi ed organici abbandonati ovunque e la razionale sensazione di insicurezza condita dalla frustrazione di dover subire l'illegalità senza alcuna possibilità di protestare, sennò sei razzista.

E' antipatico sapere che il parcheggio sotto casa a disco orario è occupato abusivamente per giorni interi ma che se tu ti dimentichi di spostare la macchina da quel posto dopo 180 minuti ti arriverà sicuramente la multa e magari anche la rimozione del mezzo.

Sul gruppo Facebook di quartiere la questione è ampiamente dibattuta.

Una delle ultime volte che ci ho guardato è intervenuta anche la presidente di quartiere che ha tentato di ricondurre alla ragione i più, senza troppo successo devo dire: immagino che non sia semplice, per una figura istituzionale, poter dire la verità: "La legge è quella che è e non ci si può fare niente".

E direi per fortuna: non so se a chi protesta piacerebbe davvero vedere bambini in lacrime strappati alle famiglie mentre assistono alla distruzione di quel poco di 'casa' che gli è stata concessa in sorte: se è fastidioso il puzzo di urina quando si passa sul marciapiede immaginatevi (se ne siete capaci) cosa voglia dire viverci sopra.

Certo, quando i camper partono il comune fa effettuare interventi straordinari di pulizia più o meno regolari ed efficaci. Ma i problemi di legalità, disagi e della paura restano lì indelebili anche quando il parcheggio è vuoto.

E non è un caso isolato: il rimpallo tra ACER e Comune per rifiuti e automezzi abbandonati è un amaro comma 22 a cui si deve sottostare anche quando non ci sono problemi di integrazione.

Ma oltre al danno c'è la beffa: in questi giorni Fratelli d'Italia ha tenuto un banchetto in quartiere organizzando una raccolta di firme per 'risolvere il problema'.

Come se il prefetto di Bologna non fosse il rappresentante del Governo Meloni.

Come se le forze dell'ordine non fossero subordinate al ministero dell'Interno del Governo Meloni.

E si può dire che la storiella sia finita qua.

Ma torniamo al gruppo Facebook.

Tra i tanti interventi  dei cittadini del Pilastro (che non chiedono, forse furbescamente, deportazioni, ma solo un draconiano rispetto della legge sul divieto di campeggio), spicca quello di un cittadino di tutt'altra parte che etichetta i pilastrini con un secco:

"Fascisti".

Preso da una curiosità insolita, sono andato a guardare il profilo di questa persona.

Un ottimo lavoro da colletto bianco, militanza in un Partito di Sinistra autonominatosi "Vera" (non il PD), nessuna traccia di condanne di Hamas e una strizzatina d'occhio a Putin non ce la facciamo mai mancare.

E fin qua niente di diverso dall'ordinario.

Poi, la vera scoperta: 

il nostro etichettatore antifascista è proprietario di un B&B con tanto di profilo su Airbnb.

Proprio a Bologna dove gli affitti brevi stanno maciullando il tessuto sociale e causando una immensa quantità di problemi ai ceti più deboli.

Ci tengo a precisare una cosa però: non penso affatto che il signore di cui sopra sia intenzionalmente fascista.

Ma, in generale, un capitalista facilitatore delle autocrazie.

E, in particolare, uno dei migliori amici politici della Meloni.

Ma non divaghiamo.

Il problema è che ci sono persone poverissime inserite in un circolo vizioso di problemi sociali che si autoalimentano e che si perpetuano di generazione in generazione il cui costo sociale ricade sugli abitanti delle periferie.

Non sui proprietari di B&B con la tessera di un bel Partito antifascista, antisionista, ecologista e pro diritti LGBTQ+.

Ossia, tutte cause perse data la vera natura di chi vorrebbe portarle a successo.

Ora, non propongo certo di deportare queste famiglie con bambini piccoli nel giardino del B&B dell'antifascista di cui sopra.

Non sono mica Salvini.

Anzi, io non ho proprio soluzioni umane e realizzabili: di scienze sociali ne capisco pochissimo e non so come si risolvano certi problemi.

Ma so per certo che dare del fascista dal proprio castello dorato a chi deve convivere coi problemi è di per sé un atto profondamente fascista.

Che alimenta l'onda nera che rischia di sommergere le democrazie (ed il benessere) europei.

La stessa onda nera alimentata dalle femministe pro Hamas, dalle persone LGBTQ+ 'antisioniste' (sic.) e dai pacifinti che stapperebbero champagne se potessero ridurre un po' la contraerea ucraina che difende i civili dai missili di Putin.

Si deve trovare un punto di equilibrio tra il minimo di umanità sotto cui non si può scendere con decenza e la decenza del rispetto delle altre persone, sicuramente più privilegiate dei bambini che vivono per strada, ma senz'altro molto meno privilegiati di chi dà loro del fascista aggratis.

E che i disagi a dir poco li vivono quotidianamente.

In ogni caso, resto pessimista data la combinazione di disumana indifferenza che i progressisti nostrani hanno mostrato questi ultimi anni (da Boucha a Kfar Aza).

Ad esempio, se si decide di assegnare un alloggio popolare ad una famiglia problematica, bisogna mettere in campo PRIMA tutti gli strumenti per gestire quello che ci si può ragionevolmente aspettare: schiamazzi notturni e non, vandalismi, abbandono di rifiuti/escrementi, abuso degli spazi comuni.

Sennò non è integrazione: ma benzina sul fuoco dei fascismi rampanti.

Io, poi, penso che se si fa vivere una persona nella merda, questa persona non abbia né la capacità né l'interesse a tenere pulito il suo angolo di merda.

Viceversa, se la si fa vivere in un posto pulito, magari è capace di imparare a tenerlo pulito, il posto in cui vive.

E se tutto questo bla bla bla vi è sembrato troppo, io penso che sia molto più pericoloso il benpensante con la tessere rossa in tasca e il portafoglio ben fornito dal B&B di proprietà che tutto un accampamento ROM.

PS: come al solito cito le fonti, per chi avesse voglia di andare a verificare (serve account FB).

Ah, io darei un occhio a questo bel film di un paio di generazioni fa, bastano due minuti...

7 luglio 2024

Cuore Nero, di Silvia Avallone




Questa non è una recensione del romanzo di Silvia Avallone, un graditissimo regalo di compleanno che ho finito di leggere da poco.

Il romanzo mi è piaciuto molto per scrittura, trama e tema.

Però, sul tema, qualche riflessione ci sta.

Io ho 'sto strano convincimento che non ha molto senso trattare in maniera disumana qualcuno per qualcosa che ha fatto, dall'eccesso di velocità al furto in appartamento.

A me è sufficiente che non ci siano più vittime (almeno) di quella specifica persona.

Più in generale, io non ho una mia proposta sul tema, perché non ho studiato abbastanza.

Ma due cose so con certezza:


  1. come sopra, trattare le persone in maniera disumana non le migliora né risolve problemi;
  2. le statistiche sulla criminalità parlano chiaro su quanto sia inutile il carcere.

Al netto di questo, il mio punto di vista, per fortuna, è quello della vittima.
Vittima di piccoli furti, atti vandalici e roba che rientra più nella maleducazione che nel reato.
Tuttavia, Manzoni ci ricorda una banale verità: la prevaricazione e la violenza generano il male nelle vittime.
In altri termini, subire un crimine è già abbastanza brutto, trasformarsi per sua causa in una persona violenta assetata di vendetta è davvero insopportabile.

Ecco, se qualcuno mi dimostrasse che ingabbiare gente mi proteggerà dal crimine e dalla mia stessa disumanizzazione allora magari ammetterei il carcere per com'è (mal)fatto ora.

C'è una frase che mi ha colpito profondamente, in riferimenti alle ragazze nate e cresciute in famiglie disastrate in quartieri di periferia:




Sono molto d'accordo.

E in aggiunta (non in contrapposizione) direi che un risarcimento sarebbe dovuto anche a tutti quelle ragazze e quei ragazzi che vengono dagli stessi identici luoghi e situazioni ma sono riusciti ad evitare di togliere ad altri quello che è mancato a Sé.

E sono la stragrande maggioranza.

Ma, forse, questo risarcimento riescono a darselo da soli quando raggiungono la consapevolezza di non aver desiderato il male per gli altri, un male, appunto, che ritornerà sempre su chi lo fa.

E' la catena del male che va interrotta.

Quella del crimine si spezzerà di conseguenza.

19 giugno 2024

Renault 4: memoria di una grande bellezza



A me le auto non piacciono.

E non mi piace neppure guidare.

Non è stato sempre così: da bambino ero un entusiasta delle quattro ruote e non vedevo l'ora di prendere la patente e quando parlavo di auto il primo parametro era la velocità.

Da grande, poi, il problema dell'auto è diventato il suo costo di gestione e manutenzione.

Oggi, il suo costo in termini di impatto ambientale e rischio per la sicurezza mia e degli altri.

E devo confessare di aver scelto l'automobile in base a parametri come l'abitabilità e la sicurezza e di aver ignorato la cilindata e la potenza del mio veicolo fino al secondo tagliando.

Eppure, oggi vi presento il modellino di un'automobile:

la Renault 4.

E' stato un modellino impegnativo ma divertente.

Il risultato, secondo i miei standard, è stato piuttosto discreto ma, anche questa volta, la Heller mi ha lasciato perplesso: a un certo punto, i numeri dei pezzi sono spariti dalle istruzioni o sono risultati errati.

Però il kit mi è piaciuto lo stesso.

Ed ora veniamo alla Storia che c'è dietro questo modellino.

Certo, c'è una Storia, una Storia importante. E no, non mi riferisco al caso Moro.

Purtroppo, (o per vostra fortuna, dipende dai punti di vista), sono molto reticente a raccontarla.

Da un lato mi sembra di violare l'intimità di persone a me care.

Dall'altro, so per certo che la mia sarebbe solo una tra tantissime storie che, spero bene, un sacco di persone ormai coi capelli bianchi, ricorderebbero vedendo le foto di questo modellino.

Chissà, magari questa Storia sarà raccontata e magari no.

Ma oggi mi sento bene.

Guardando questo pezzo di plastica e colore che ho assemblato con tutta la cura che ho mi sento davvero bene.

Ma anche questa è una Storia che, se lo sarà, sarà raccontata un'altra volta.

E mi viene da concludere, guardando questa Renault 4 in minatura: ancora una volta, al passato grazie e al futuro sì.


 
















18 giugno 2024

La Matematica dell'Antisemitismo



Qualche tempo fa, come reazione alla guerra di Gaza, il governo delle Maldive ha legiferato per impedire l'ingresso di cittadini israeliani nel paese.

A un certo punto, però, il consulente legale del governo delle Maldive ha dichiarato che mettere a punto la legge non sarebbe stato facile perché 2 milioni di arabi israeliani, definiti palestinesi dal governo delle Maldive, possiedono la cittadinanza israeliana.

E allora il governo delle Maldive ha brillantemente risolto la faccenda chiarendo che non mirano a bandire gli arabo israeliani, musulmani o cristiani che sia, ma che intendono prendere di mira un gruppo specifico: gli ebrei.

Ecco, questa è una buona definizione di antisemitismo.

Ma quella perfetta è il silenzio.

Il silenzio sui social, nelle piazze, nei cuori e nelle menti dopo il pogrom di Kfar Aza e del 7 Ottobre.

Quel silenzio che stride con quello che è venuto dopo, come il bianco sul nero.

Un silenzio indifferente alla Storia, alla realtà ed in ultima analisi, nel profondo, indifferente al macello che Hamas ha preparato per gli stessi palestinesi, un macello ancora invocato come cosa buona e giusta dopo otto mesi che è stato scatenato sulla pelle di milioni di gazawi.

Non approvo in nessun modo il massacro che è iniziato il 7 ottobre ma è matematico che una parte di quel massacro ha l'approvazione di molti che ne disapprovano un'altra.

A certi massacri ci si oppone, ad altri, no.

Nota di colore: la percentuale delle persone presenti ai vari pride di questi giorni con la bandiera di Hamas che sopravviverebbero sotto Hamas è ZERO.

Ecco la matematica dell'antisemitismo: suicidarsi pur di mantenere vivo l'odio per un gruppo specifico: gli ebrei.

13 giugno 2024

F-86 Sabre: MiG Killer




Proseguiamo con i caccia della serie '80' e passiamo direttamente ad un purosangue:

L'F-86 Sabre co-protagonista della Guerra aerea di Corea assieme al MiG-15.

Ho già parlato qui dell'importanza storica dell'F-86, mentre qui ho parlato del romanzo "Per la Gloria" di James Salter.

Non mi ripeterò: avrei l'impressione di allungare inutilmente il brodo e gli interessati alla storia dell'F-86 e ad uno dei più struggenti romanzi di guerra del '900 possono raggiungere agevolmente i due link.

Oggi vi parlerò, invece, di come l'F-86 abbia regalato ai sovietici la tecnologia per creare il loro primo missile aria aria (relativamente) efficace.

Era il 1958 e i caccia della Cina comunista duellavano regolarmente con quelli di Taiwan.

A un certo punto gli USA decisero di fornire a Taiwan qualche esemplare del modernissimo AIM-9B Sidewinder per armare gli F-86 della sua aviazione.

I Sidewinder si dimostrarono piuttosto efficaci contro i MiG cinesi fino a quando un missile lanciato da un pilota taiwanese colpì un MiG cinese senza esplodere.

L'ordigno rimase conficcato nella coda del MiG che riuscì a tornare alla base.

Ovviamente, i russi si precipitarono su quel ricco regalo e si affrettarono a smontare il Ssidewinder per migliorare (e di molto) la propria tecnologia missilistica. Il Risultato fu il K-13/AA2- Atoll che diede qualche piccolo dispiacere agli americani in Vietnam e molti di più ai piloti arabi che li usarono (invano) contro gli aerei Israeliani nei decenni successivi.

L'F-86 era  costruito con estrema cura  con un abitacolo che garantiva un'ottima visibilità e un bel po' di confort per il pilota.

Fu un aereo di successo e ne fu costruita anche una variante da intercettazione ogni tempo dotata di radar nel muso.

Questa versione è importante per noi italiani in quanto una sua derivata semplificata venne prodotta su licenza in Italia contribuendo alla rinascita industriale del Paese (e ispirando il G-91, di cui parlerò appena mi riesce di trovarne un kit decente ad un prezzo abbordabile).

Passiamo ora alla nota modellistica.

Il kit dell'Academy è buono, con un difetto evidente nei portelli dei carrelli che non si montano in posizione chiusa senza parecchio lavoro di ritocco e stucco.

Il problema è che mi sono perso la bustina con il tettuccio.

Sarebbe troppo facile dare la colpa alla Prole, quindi diciamo che penso di aver gettato via la bustina assieme all'involucro di plastica degli sprue e tanto basta.

Una vera seccatura, soprattutto considerando che, anche grazie all'aerografo, il modellino mi sembra venuto davvero bene (per i miei standard).

Pazienza.

Per salvare il salvabile, ho recuperato dal magazzino ricambi un tettuccio frontale appena compatibile e ho deciso di realizzare un aereo abbattuto e atterrato di pancia in territorio nemico, un mio omaggio al film "I Cacciatori" del 1958. Il film è tratto (molto liberamente, anzi troppo) dal romanzo "Per la Gloria" di cui sopra.

Il risultato è mediocre: i fori dei proiettili sono ben poco realistici e lo sporco roba da dilettante.

Ma tant'è: faccio i modellini per divertimento e dopo averli fotografati per scriverne qua, li regalo. Quindi, prevedo che quando questo post sarà stato pubblicato il piccolo, luccicante, jet, sarà in mano ad una certa bambina e finirà la sua carriera come giocattolo.

Che, per certi aggeggi, sarebbe il miglior destino possibile.